Le più recenti e rilevanti sentenze della Cassazione in materia civilistica, successoria, diritto familiare, fiscale, societaria, condominio e altro ancora, per categoria ed in ordine cronologico
Fiscali
Imposta di registro – agevolazione prima casa – acquisto in comunione legale – Cass. civ. Sez. V, 04/02/2015, n. 1988
Ai sensi dell'articolo 1 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nota II bis lett. b) e c), per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. prima casa occorre che l'acquirente dichiari in seno all'atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare, e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all'intero territorio nazionale: la circostanza che l'acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta ... (Continua a leggere) (237 parole)
Massima: Ai sensi dell’articolo 1 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986, nota II bis lett. b) e c), per il godimento delle agevolazioni fiscali c.d. “prima casa” occorre che l’acquirente dichiari in seno all’atto di acquisto di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare, e di non averne in precedenza, fruito, neppure pro quota, in riferimento all’intero territorio nazionale: la circostanza che l’acquisto si attui per effetto del regime della comunione legale non costituisce, in assenza di specifiche disposizioni in tal senso, eccezione alla regola anzidetta. Ne consegue che in caso d’acquisto di un fabbricato con richiesta delle agevolazioni prima casa, da parte di un soggetto coniugato in regime di comunione legale dei beni, le dichiarazioni prescritte dalla legge debbano riguardare non solo il coniuge intervenuto nell’atto ma, anche, quello non intervenuto e debbano essere necessariamente rese da quest’ultimo.
Commento: Pertanto secondo la Cassazione, nonostante civilisticamente l’acquisto in capo al coniuge non presente alla stipula si verifica automaticamente in virtù del regime di comunione legale, per poter godere dell’agevolazione fiscale della prima casa è necessario che la richiesta venga fatta in sede di stipula da entrambi i coniugi (o, in ogni caso, la dichiarazione del coniuge mancante deve essere integrata a mezzo atto pubblico).
Per approfondire consulta l’articolo Agevolazioni prima casa
Imposta di registro – divisione ereditaria – masse plurime – variazioni soggettive dei comunisti – Cass. civ. Sez. V, 19/12/2014, n. 27075
Massima: La cessione di una quota da parte di un coerede, non determinando acquisizione di nuovi beni alla massa dividenda, va intesa come semplice variazione di tipo soggettivo, e questo, inalterato l’oggetto della comunione, postula che, fiscalmente, la comunione sia considerata pur sempre unica e di origine successoria (non configurandosi pertanto il fenomeno delle cd. “masse plurime” ai sensi dell’art. 34, comma 4, del D.P.R. n. 131 del 1986)
Commento: L’art. 34 del D.P.R. n. 131 del 1986 (T.U. sull’imposta di registro), disciplina la divisione; in particolare il suo comma 4 affronta il fenomeno delle c.d. masse plurime, che ricorre quando gli stessi soggetti risultano comproprietari di più beni derivanti da titoli diversi, in quanto beni acquistati, in comunione pro indiviso e per quote uguali, con distinti atti negoziali. In tal caso, ogni titolo di acquisto genera una comunione in rapporto al bene che ne è oggetto, sicché può dirsi infine che ogni bene è oggetto di un’autonoma comunione. Qualora si proceda alla divisione di questi beni non si ha fiscalmente un unico negozio, ma tanti quanti sono i titoli di acquisto (con l’emersione ai fini fiscali di conguagli, e pertanto di una maggiore tassazione della divisione, qualora i condividenti non ricevano beni corrispondenti alle proprie quote di fatto in relazione a ciascuna e distinta comunione). Tuttavia il medesimo comma 4 dell’art. 34 pone un’eccezione finalizzata ad affermare che, ove l’ultimo acquisto di beni sia avvenuto per successione mortis causa (ad esempio i comproprietari di beni ereditano, in comunione pro indiviso e per quote uguali, un ultimo immobile), le comunioni, sebbene derivanti da titoli diversi, sono considerate come una sola comunione anche ai fini fiscali (con applicazione della sola aliquota dell’1% nel caso di assegnazioni proporzionali alle quote di diritto). La Corte con tale sentenza precisa che tale eccezione rileva anche nell’ipotesi in cui la divisione di beni immobili pervenuti per successione mortis causa sia preceduta dalla cessione della propria quota ereditaria da parte di un coerede in quanto non costituiscono autonomo titolo i trasferimenti di quote ideali della massa divisionale essendo la comunione pur sempre “causalisticamente ancorata al titolo successorio». Tale sentenza non fa altro che conformarsi all’orientamento, da tempo espresso in dottrina, secondo il quale non determinano masse plurime le mere variazioni soggettive dei comunisti: principio peraltro espresso anche dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 18/E del 29 maggio 2013
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Imposta di registro – vendita di fabbricato obsolescente – demolizione e ricostruzione – riqualificazione fiscale come vendita di area edificabile – Cass. civ. Sez. V, 21/11/2014, n. 24799
Massima: Ai fini dell’imposta di registro, l’atto deve esser tassato in ragione degli effetti giuridici che lo stesso oggettivamente produce, con la conseguenza che in caso di atto di vendita un fabbricato obsolescente, poi demolito, il giudice tributario non può escludere che la immediata richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile al posto di quello obsolescente, poi demolito, abbia oggettivamente dato luogo a una vendita di terreno edificabile piuttosto che ad una cessione di fabbricato, come formalmente indicato nell’atto. Il giudice del rinvio deve accertare, pertanto, se gli effetti oggettivi della compravendita, a cagione delle istantanee richieste di concessione edilizia e demolizione del vecchio stabile, sono o meno stati quelli di una vendita di terreno edificabile, dovendosi in ipotesi positiva riqualificare l’atto
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Famiglia
Fondo patrimoniale – revocatoria – Cass. civ. Sez. VI – 1 civile ord. 10/02/2015, n. 2530
Massima: L’atto di costituzione del fondo patrimoniale, anche se compiuto da entrambi i coniugi, è atto a titolo gratuito e, come tale, soggetto ad azione revocatoria ordinaria ai sensi dell’art. 2901, primo comma, n. 1, c.c., ossia a condizione che sussista la mera conoscenza del pregiudizio arrecato ai creditori: ne consegue che è legittima e deve trovare ingresso l’azione revocatoria promossa dalla banca contro l’atto di costituzione del fondo patrimoniale compiuto sull’unico immobile di proprietà dal titolare di quattro conti correnti tutti con saldi debitori cospicui, dovendosi ritenere certo che in tal modo le ragioni creditorie dell’istituto avrebbero trovato maggiori difficoltà di soddisfacimento.
Fondo patrimoniale – presupposti dell’azione revocatoria – Cass. civ. Sez. III, 27/01/2015, n. 1450
Massima: L’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni), ed al solo fattore oggettivo dell’avvenuto accreditamento giacché l’insorgenza del credito va apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione
Fondo patrimoniale – revocatoria – bisogni della famiglia – Cass. civ. Sez. I, 12/12/2014, n. 26223
Massima: L’atto di costituzione di un fondo patrimoniale può essere oggetto di azione revocatoria anche in presenza di figli minori. La costituzione del fondo predetto al fine di fronteggiare i bisogni della famiglia, invero, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, pertanto suscettibile di revocatoria, ex art. 64 legge fallimentare, (R.D. n. 267 del 1942). Resta salva l’ipotesi in cui si dimostri, in concreto, la esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l’atto in questione
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Fondo patrimoniale – esecuzione sui beni – debiti familiari – Cass. civ. Sez. III, 31/10/2014, n. 23163
Massima: In tema di fondo patrimoniale, tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia, per i quali può avere luogo l’esecuzione forzata ai sensi dell’art. 170 cod. civ., vanno compresi quelli riguardanti i beni costituiti in fondo patrimoniale, per definizione destinati essi stessi al soddisfacimento delle esigenze familiari, sicché rientrano in tale ambito anche i debiti per oneri condominiali e per spese processuali sopportate dal condominio per riscuotere gli oneri condominiali relativi ad un immobile facente parte del fondo patrimoniale
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Donazioni
Donazione indiretta – comunione legale – beni personali – prezzo della vendita pagato dai genitori – prova – Cass. civ. Sez. I, 28/01/2015, n. 1630
Massima: Anche la donazione indiretta, ed in particolare la tipica e frequente ipotesi di bene acquistato con somme messe a disposizione dai propri genitori, rientri nella previsione di cui all’art. 179, 1° comma, lett. b), c.c., con conseguente esclusione del bene dalla comunione legale dei coniugi. Tuttavia è necessario in sede processuale che venga raggiunta la prova circa la dedotta erogazione dal genitore al figlio di una somma di denaro specificamente per l’acquisto dell’immobile: pena l’inapplicabilità dell’invocato regime dell’art. 179, lett. b), c.c., e conseguente caduta in comunione legale dell’immobile.
Commento: La Cassazione ha più volte precisato che l’acquisto di un bene con somme messe a disposizione a titolo liberale dai genitori (che quindi pagano l’intero o parte del prezzo) rientri tra gli acquisti esclusi dal regime di comunione legale in quanto donazione indiretta: tuttavia per i giudici di legittimità è necessario provare tale circostanza ossia che l’effettiva erogazione di tali somme necessarie per l’acquisto dal genitore al figlio. Per tale ragione diventa importante che in atto si specifichi che le somme utilizzate per l’acquisto sono state messe a disposizione a titolo di liberalità indiretta dai genitori (anche al fine di evitare accertamenti fiscali sul figlio acquirente), senza il timore che tale menzione possa influire negativamente sulla futura circolazione del bene (per approfondire tale argomento leggi anche il punto 5 dell’articolo Provenienza donativa: casi, problemi e possibili rimedi)
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Acquisto di immobile pagato dai genitori – donazione diretta del denaro – donazione indiretta dell’immobile – Cass. civ. Sez. VI – 2, 02/09/2014, n. 18541
Massima: Nel caso di soggetto che abbia erogato il denaro per l’acquisto di un immobile in capo ad uno dei figli si deve distinguere l’ipotesi della donazione diretta del denaro, impiegato successivamente dal figlio in un acquisto immobiliare, in cui, ovviamente, oggetto della donazione rimane il denaro stesso, da quella in cui il donante fornisce il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che costituisce il fine della donazione. In tal caso, il collegamento tra l’elargizione del denaro paterno e l’acquisto del bene immobile da parte del figlio porta a concludere che si è in presenza di una donazione (indiretta) dello stesso immobile e non del denaro impiegato per il suo acquisto
Commento: l’argomento è di forte rilevanza pratica in quanto affronta (seppur incidentalmente) la frequente ipotesi di un acquisto immobiliare pagato in tutto o in parte dai genitori. In tale ipotesi è preferibile evitare che i genitori attraverso un bonifico o con la dazione di un assegno in favore del figlio trasferiscano le somme necessarie all’acquisto dal proprio conto corrente al conto del figlio e poi questo utilizzi la provvista ottenuta per il pagamento del prezzo direttamente dal suo conto: tale precedente trasferimento di denaro integra una vera e propria donazione di denaro nulla per difetto di forma (le donazioni dirette, anche di denaro, devono infatti risultare da un atto pubblico notarile con la presenza dei testimoni: operazione questa sicuramente non vietata ma che comporterebbe un aggravio di spesa in quanto imporrebbe la stipula di un precedente ed ulteriore atto notarile di donazione di denaro). In tale ipotesi è pertanto preferibile che i genitori paghino (l’intero prezzo o parte di esso) direttamente il venditore, realizzando in tal modo una donazione indiretta dell’immobile non soggetta a nessuna forma particolare né ad ulteriore tassazione. Nell’atto di compravendita si specificherà inoltre che parte (o tutte) le somme necessarie per l’acquisto sono state messe a disposizione a titolo di liberalità indiretta dal/dai genitore/i dell’acquirente anche al fine di evitare accertamenti fiscali sul figlio acquirente (menzione questa che non determinerà alcun problema di successiva rivendita del bene in quanto la sua provenienza resta onerosa e non donativa: per maggiori informazioni leggi anche il punto 5 dell’articolo Provenienza donativa: casi, problemi e possibili rimedi)
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Condominio
Sottotetto – beni comuni – pertinenza esclusiva – Cass. civ. Sez. II, 10/09/2014, n. 19094
In tema di condominio, la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando, ... (Continua a leggere) (115 parole)
Massima: In tema di condominio, la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può ritenersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune. Il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo.
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Fallimento
Fallimento in estensione dell’ex socio illimitatamente responsabile – decorrenza del termine – pubblicità nel registro delle imprese – Cass. civ. Sez. I, 21/01/2015, n. 1046
Massima: Con riguardo alla ipotesi di scioglimento del singolo rapporto sociale per alienazione della partecipazione del socio, posto che ai sensi dell’articolo 147, secondo comma, della legge fallimentare, il dies a quo del termine annuale previsto per la dichiarazione del fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile va identificato nella data dell’iscrizione nel registro delle imprese della compravendita della quota sociale e non nella data di perfezionamento della stessa, restando la vendita della quota, cui non sia stata data pubblicità ai sensi dell’articolo 2290, secondo comma, c.c., inopponibile ai terzi e non producendo la stessa i suoi effetti se non fra le parti del contratto.
Commento: Secondo l’articolo 147, secondo comma, l.f., il fallimento dei soci illimitatamente responsabile non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale (per vendita della quota, recesso o esclusione), se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi tale evenienza. La norma pone quindi un dies a quo ed un dies a quem per il fallimento dell’ex socio illimitatamente responsabile (ex per aver venduto la quota o receduto dalla società o per essere stato escluso): il primo dallo scioglimento del rapporto sociale, il secondo dalla sentenza di fallimento in estensione al socio. La Cassazione ha precisato che il primo termine (il dies a quo) deve essere identificato nella data di iscrizione nel registro delle imprese dell’evento che determina lo scioglimento del rapporto sociale e non dalla data del suo perfezionamento (ovvero stipula del contratto di cessione, dichiarazione di recesso o delibera di esclusione) in quanto finché tale evento non è pubblicizzato nel registro delle imprese non è opponibile ai terzi (producendo effetto solo tra le parti) senza che assuma rilievo la circostanza che lo scioglimento del rapporto sociale sia avvenuto oltre un anno prima della sentenza dichiarativa di fallimento.
Edilizia
Interventi edilizi su immobile abusivo – DIA – illegittimità – Cass. pen. Sez. III, 11/12/2014, n. 51427
Massima: In tema di edilizia, il regime di denuncia di inizio attività (DIA), anche in relazione a tipologia di interventi sottoposti a tale disciplina dal D.L. n. 133 del 2014, non è applicabile a lavori da eseguirsi su manufatti originariamente abusivi che non risultino oggetto di condono edilizio o di sanatoria, atteso che gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale ineriscono strutturalmente (il caso riguarda lavori di frazionamento di un immobile abusivo in quattro unità immobiliari, senza variazione della volumetria complessiva dell’edificio, ricompresi dal D.L. n. 133 del 2014 tra gli interventi di manutenzione straordinaria sottoposti al regime della DIA).
Società
Società di persone – mancata ricostituzione della pluralità dei soci – continuazione come impresa individuale – Cass. civ. Sez. I, 14/01/2015, n. 496
Massima: Nel caso di recesso di un socio da una società in nome collettivo composta da due soli soci, qualora quello superstite non abbia ricostituito la pluralità della compagine sociale decidendo al contempo di continuare l’attività aziendale come impresa individuale – così determinandosi lo scioglimento della società, a norma dell’art. 2272, n. 4, cod. civ. -, non si realizza una trasformazione societaria ai sensi dell’art. 2498 cod. civ., ma solo una successione tra soggetti distinti, ossia tra colui che conferisce l’azienda (la società di persone in liquidazione) e la persona fisica che ne è beneficiaria (il socio superstite).
Società di persone – mancata ricostituzione della pluralità dei soci – scioglimento – Cass. civ. Sez. V, 22/12/2014, n. 27189
Massima: In tema di società di persone (nella specie, società in nome collettivo), la mancata ricostituzione della pluralità dei soci nel termine di sei mesi non determina l’estinzione, ma solamente lo scioglimento della società e la liquidazione e, pertanto, la massa dei rapporti attivi e passivi che facevano capo alla compagine sociale prima dello scioglimento conserva il proprio originario centro di imputazione.
Contratto preliminare
Preliminare di preliminare – validità – Cass. civ. Sez. Unite, ord. 06/03/2015, n. 4628
Massima: In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex art. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell’esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale.
Commento: Le Sezioni Unite della Cassazione giudicano “produttivo di effetti” il preliminare di preliminare, ricorrendo al principio della “causa concreta” ovvero quando emerga l’interesse delle parti a distinguere due precisi momenti temporali attraverso la stipula di due contratti preliminari (superando così il precedente orientamento della stessa Cassazione che lo aveva finora ritenuto nullo per mancanza di causa). Le Sezioni Unite, in particolare, affidano al giudice di merito il compito di verificare se l’interesse delle parti nella prima fase di contrattazione (cioè il primo preliminare che nella prassi si sostanzia solitamente nella proposta di acquisto firmata dal provvisorio acquirente e seguita dall’accettazione del venditore) sia quello di una mera fase precontrattuale in cui è volutamente incompleto il regolamento di interessi e dove l’inadempimento è tutelato con un solo obbligo risarcitorio, ovvero se si tratti di un vero e proprio preliminare (cui farà seguito un secondo preliminare che servirà ad integrare e completare il primo preliminare già completo però nei suoi elementi essenziali) il cui inadempimento legittimerà non solo una tutela risarcitoria ma anche la possibilità di attivare il meccanismo dell’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. (ovvero richiedere una sentenza che trasferisca il bene in luogo della stipula del definitivo di vendita).
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Sul tema della contrattazione immobiliare consulta anche l’articolo Il contratto preliminare di compravendita
Preliminare ad effetti anticipati – vizi del bene – decadenza – esclusione – Cass. civ. Sez. II, ord. 16/02/2015, n. 3028
Massima: In caso di preliminare di immobile con consegna anticipata, la consegna dell’immobile oggetto dell’accordo effettuata prima della stipula del definitivo non determina la decorrenza del termine di decadenza per opporre i vizi noti né comunque di quello di prescrizione, perché l’onere della tempestiva denuncia presuppone che sia avvenuto il trasferimento del diritto. In caso di preliminare di vendita non trovano, dunque, applicazione le norme sulla garanzia della cosa venduta, – norme che hanno come loro presupposto l’avvenuto trasferimento della proprietà del bene -, in quanto il contratto in esame è caratterizzato, come è noto, tra l’altro, proprio dalla mancanza dell’effetto traslativo. Piuttosto, prima della stipula dell’atto definitivo, la presenza di vizi nella cosa consegnata abilita il promissario acquirente – senza che sia necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all’articolo 1495 c.c. per la denuncia dei vizi della cosa venduta – ad opporre la exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore che gli chieda di aderire alla stipulazione del contratto definitivo e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, e lo abilita, altresì, a chiedere, in via alternativa, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore, ovvero la condanna di quest’ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.
Bene in comproprietà – divisibilità delle quote – sentenza ex art. 2932 c.c. – Cass. civ. Sez. VI, ord. 02/02/2015, n. 1866
Massima: Nel caso di preliminare di vendita di un bene oggetto di comproprietà indivisa, si deve ritenere che i promittenti venditori si pongano congiuntamente come un’unica parte contrattuale complessa e che, dunque, le singole manifestazioni di volontà provenienti da ciascuno di essi siano prive di una specifica autonomia e destinate invece a fondersi in un’unica manifestazione negoziale, giacché si deve presumere che il bene sia stato considerato dalle parti come un unicum giuridico inscindibile, in difetto di elementi desunti dal tenore del contratto, che siano idonei a far ritenere che con esso siano state assunte (anche contestualmente) dai comproprietari promittenti distinte autonome obbligazioni aventi ad oggetto il trasferimento delle rispettive quote di comproprietà, inesistenti nella specie. Da ciò consegue che, qualora una di dette manifestazioni manchi, o risulti viziata da invalidità originaria, o venga caducata per una qualsiasi causa sopravvenuta, si determina una situazione che impedisce non soltanto la prestazione del consenso negoziale della parte complessa alla stipulazione del contratto definitivo, ma anche la possibilità che quella prestazione possa essere sostituita dalla pronuncia giudiziale ai sensi dell’art. 2932 c.c., restando, pertanto, escluso che il promissario acquirente possa conseguire la sentenza ai sensi di detta norma nei confronti di quello (o di quelli) tra i comproprietari promittenti, dei quali esista e persista l’efficacia della relativa manifestazione negoziale preliminare.
Preliminare ad effetti anticipati – Acquisto della proprietà per usucapione – Cass. civ. Sez. II, 29/01/2015, n. 1670
Massima: Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori. Pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, è qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un’intervenuta “interversio possessionis” nei modi previsti dall’art. 1141 c.c.
Simulazione
Simulazione del prezzo – prova testimoniale – Cass. civ. Sez. II, 18/02/2015, n. 3234
Massima: La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto.
Successioni
Qualità di erede – debiti ereditari – vendita di eredità – Cass. civ. Sez. II, 03/02/2015, n. 1902
Massima: L’accordo col quale il soggetto istituito erede universale riconosce, in via di transazione, la titolarità di determinati beni ereditari a colui che, non avendo la qualità di legittimario pretermesso, pretende diritti sull’eredità in forza di un testamento anteriore (poi revocato), non determina il riconoscimento della qualità di coerede in capo al destinatario dell’attribuzione patrimoniale, non potendo il chiamato disporre della delazione, sicché solo l’erede istituito è tenuto al pagamento dei debiti ereditari, non configurandosi in tal caso una vendita di eredità (soggetta a forma scritta “ad substantiam”) e, conseguentemente, una responsabilità solidale dell’acquirente ex art. 1546 cod. civ.